F. Repishti: Cristoforo Solari architetto

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Title
Cristoforo Solari architetto. La sintassi ritrovata


Author(s)
Repishti, Francesco
Published
Pioltello 2018: Rotolito
Extent
447 p.
by
Marino Viganò

Degli artisti «ticinesi», pochi, e degli artigiani, la maggioranza, la storiografia si occupa spesso ripercorrendone la vita, l’opera e le origini – magistri di terre staccate dalle diocesi di Como e Milano passate alla Confederazione svizzera nel XV secolo, inesistente un’«etnia ticinese». Se persino sui grandi però certa letteratura è carente, lavori particolarmente curati presentano al contrario, basandosi sulle fonti, protagonisti di origini «ticinesi» in apparenza già studiatissimi sotto una nuova, inattesa luce. È il caso di questa monografia su Cristoforo Solari, esponente di spicco di una consorteria di comacini all’apice della fortuna nei decenni, dal 1480 al 1521, che vedono la separazione di quelle terre dallo stato di Milano per divenire prefetture italiane soggette al dominio di XII Cantoni elvetici.

Noto infatti per scultore di fama, ne viene qui delineata l’attività, meno sondata, di architetto abile e ricercato sulla scena artistica milanese del periodo – «sterile» solo per una storiografia superata – fra la caduta di Ludovico Sforza il Moro nel 1499 e la scomparsa dell’ultimo figlio ed erede, Francesco II, nel 1535. Epoca nella quale, erratico Leonardo tra Mantova, Venezia, Firenze, Urbino, Piombino, Roma, migrato Bramante a Roma, quasi tramontato come astro nel settore edile Giovanni Antonio Amadeo, nulla, o poco, sembra caratterizzare le fabbriche della capitale del ducato di Milano. E laddove invece la dinamica filiera di studiosi della quale l’autore fa parte, grazie all’escussione dei documenti, attesta innumerevoli cantieri di prestigio e l’attività di numerosissimi «architettori».

Adepto degli antesignani del paziente e arduo lavorìo d’archivio – i Costantino Baroni, James Ackerman e Grazioso Sironi –, e della generazione dei loro allievi – Lionello Puppi, Howard Burns, Richard Schofield –, con metodo, perizia e i dati raccolti per stilare altri suoi saggi su figure meno celebri o popolari dell’architettura rinascimentale, Francesco Repishti rintraccia infatti, dalle origini, sul monte Arbostora, presso Lugano, un Solari in parte da scoprire; e lo colloca nel flusso di artefici e di cantieri di un Milanese tardo-sforzesco e francese più vivace, dato fattuale, di quanto in genere appaia.

Bottega famigliare d’assemblaggio di artigiani dalle specializzazioni multiple e intedipendenti – muratori, intagliatori di legnami, scultori, pittori –, quella dei Solari, incardinata a Carona, il vivaio di maestri comacini strappato col Luganese dai Confederati per un accordo con il duca Massimiliano Sforza nel 1512, conta nel XV secolo due rami principali. Capostipiti, allora, i cugini Bartolomeo detto Bertola (Carona c. 1419 – Milano 1479) e Guiniforte Solari (Carona c. 1429 – Milano 1481), migrati a Milano – il secondo segnalato quale competitore di Antonio Averulino Filarete –, entrambi ràdicano nella capitale del ducato i propri discendenti per dare continuità a una tradizione solida. Con successo, se il figlio del primo, Pietro Antonio Solari (Milano c. 1450 – Mosca 1493), si fa strada sì da venir chiamato in Russia, dov’è testimoniato – «Petrvs Antonivs Solarivs Mediolanensis» – da una targa del 1491 su un torrione del Kreml di Mosca, che contribuisce a realizzare.

Il successo premia, del resto, anche il figlio del secondo, il nostro Cristoforo Solari (Carona c. 1465/70 - Milano 1524), calato anch’egli nel cuore del ducato nel 1483, per l’apprendistato quinquennale da tagliapietre e scultore, proprio alla bottega del cugino Pietro Antonio, come dalla consuetudine tipica dell’epoca. L’inizio d’una movimentata, densa carriera nell’arte della scultura, certo, nella quale è soprattutto sinora documentato, ma pure – è il profilo centrale della monografia di Repishti –, nel progetto d’architettura, in prevalenza nel Milanese ducale, ma con segnalazioni anche all’esterno. Ad esempio a Venezia dove, terminato l’apprendistato nel 1488, in apparenza scomparso dalle fonti – peraltro sempre incomplete –, tanto da farne ipotizzare il viaggio in Moscovia al seguito del cugino, si materializza dal nulla documentario anni dopo, impegnato a scolpire, fra il 1491 e il 1494 oppure il 1495, un altare in San Giorgio e un sepolcro a Santa Maria della Carità.

Torna comunque, ormai in evidenza, nel ducato sforzesco, in attività alla certosa di Pavia nel 1495, ancora a Milano dal 1497, passando con la stessa disinvoltura di Leonardo da Vinci dai ranghi degli ingegneri di Ludovico Sforza a quelli di Luigi XII di Valois, re di Francia e duca di Milano, e al regime francese dal settembre 1499; riprova tra l’altro dell’attaccamento labile d’entrambi, come dal Memoriale Ligny del 1494 per Leonardo e dai documenti per altri, a un governo sforzesco assai idealizzato dalla storiografia rispetto alla realtà, o della comprensibile spregiudicatezza loro nel trovarsi dei committenti. Innumerevoli gli interventi accertati sopra carteggi d’archivio, o deducibili da indizi meno impliciti, tutti avendo a snodo la Fabbrica del Duomo, naturale approdo di un esperto di scultura e di edilizia, presso la quale viene assunto nel 1501. In precedenza e in seguito è sui cantieri di Santa Maria delle Grazie, San Nazaro in Brolo, Santa Maria presso San Celso,

Sant’Ambrogio, San Vittore, Santa Maria della Passione nonché molti altri tra capitale e contado. Accanto o in opposizione a Girolamo Della Porta, Giovanni Battagio, Giangiacomo Dolcebuono, Martino Dell’Acqua, Cristoforo Lombardo, Francesco di Giorgio Martini, Cesare Cesariano – magistri da muro e ingegneri eccelsi alcuni, alquanto meno altri, certo tutti attivissimi.

Pure documentati e degni di nota i viaggi all’infuori del ducato, a Roma, non nel 1499-1500 – quando se ne ipotizza piuttosto un itinerario nei territori della repubblica di Venezia e di altri stati, forse a Verona e Brescia, a Ferrara –, ma dopo la restaurazione di casa Sforza nel 1512, con rientro in Lombardia nel 1514, riconferma dell’adesione, come appunto da Vinci stesso, al governo gallico, senz’alcuna nostalgia per la restaurazione del crollato regime sforzesco; e ancora nel ducato di Ferrara e nel marchesato di Mantova nel 1517, in un periodo si direbbe più sommesso di quello frizzante precedente, mentre il ristabilimento della Francia a Milano, nel 1515, pare più traballante che stabile. E ancora, assegnato a Como, di nuovo a Mantova e, forse, a Busseto nel 1519, per chiudere a Vigevano l’attività e, verosimilmente a Milano, la vita durante l’epidemia di peste del 1524.

Un itinerario di una quarantina d’anni e variegato, insomma, in cui si colloca in una posizione eccentrica, poiché sarebbe l’unico tra i magistri «statuari» a scalare le gerarchie professionali sino alla dignità di architetto progettista puro; promotore di moduli architettonici d’inusuale sobrietà; e mai subordinato, inoltre, ai colleghi né mai impegnato direttamente in un cantiere. Almeno così conclude Repishti, sulla scorta di una massa di fonti ragguardevole in un tomo illustrato da 120 immagini, apparato ricco posta la scarsa iconografia coeva, e corredato dalla folta appendice di trascrizioni e regesti d’atti notarili e mandati – l’autore del resto è noto per setacciare in modo sistematico le fonti. Un volume che rende da un lato la «fotografia» assai dettagliata della Milano edilizia di pieno Rinascimento, coi percorsi collettivi e individuali dei magistri, e dall’altro, tra i meri artigiani del prolifico Sottoceneri, i tratti di un artista «ticinese» davvero meritevole di questa qualifica.

È occorso già d’accennare altrove, infatti, come sia arduo far passare per «artisti» moltissimi e pur validi artigiani «ticinesi», e d’obiettare come senz’altro con eccessiva larghezza lo scrittore e disegnatore russo Alexandre Nikolae’vic Benois (San Pietroburgo 1870 - Parigi 1960) abbia coniato, per i «luganesi» operanti nell’Impero russo tra il XVIII e il XIX secolo, l’accattivante formula «Ticino terra d’artisti»: nelle generazioni si contano infatti a unità, schiera così esigua da doversi citare sempre gli stessi, Domenico Fontana, Carlo Maderno, Francesco Borromini e pochi altri. Per una volta invece, e tramite questa ricerca, si può aggiungere dunque alle loro fila un altro artista autentico, di vaglia, che nella propria biografia riunisce una provenienza, uno stile e la sintesi di un’epoca storica.

Zitierweise:
Viganò, Marino: Rezension zu: Francesco Repishti : Cristoforo Solari architetto. La sintassi ritrovata, Rotolito 2018. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2019, Vol. 166, pagine 168-170.

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Archivio Storico Ticinese, 2019, Vol. 166, pagine 168-170.

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